Il punto della legge

Riflessioni e informazioni legali, spiegate in maniera semplice.

19 ottobre 2008

Prelazione agraria: fate attenzione!

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Provate a rispondere a questa domanda: se io sono proprietario di un fondo agricolo sono libero di venderlo a chi mi pare?
La risposta ovvia sembra essere si, vero? Beh, è la risposta sbagliata.

La legge (n. 590/65),infatti, impone che alcuni soggetti determinati devono, a parità di condizioni di vendita, essere preferiti ad altri.

Più precisamente, il legislatore attribuisce ad alcuni il c.d. "diritto di prelazione" ovvero il diritto di tali soggetti di essere preferiti al terzo (cioè il soggetto a cui il proprietario vorrebbe vendere il terreno) nell'acquisto del fondo agricolo che il proprietario vorrebbe alienare (vendere). Tutto ciò, ovviamente, a parità di condizioni economiche: il titolare del diritto di prelazione potrà acquistare il fondo a un prezzo almeno pari a quello proposto dal venditore al terzo, non un euro di meno.

Faccio l'esempio di una situazione intricata (ma plausibile) che aiuterà a capire, spero, la portata dell'argomento di cui si scrive.
Tizio vuole vendere il suo ettaro di terra a Caio al prezzo di € 10.000. La terra, al momento della vendita, è coltivata da Sempronio in virtù di un contratto di affitto. Tizio e Caio vanno dal notaio il 1 aprile 2008 per il rogito senza curarsi di Sempronio e senza dire nulla al riguardo al notaio. A questo punto gli scenari possibili sono 2. A) Sempronio, indefesso umile coltivatore senza pretese, non ha interesse ad acquistare il fondo che coltiva, e Tizio e Caio dormono sonni tranquilli. B) Sempronio, ambizioso imprenditore agricolo in forte crescita, sta incrementando le sue proprietà e ha urgente bisogno di nuovi spazi di proprietà; decide pertanto, purtroppo per Tizio e Caio, di esercitare il suo diritto di prelazione e, nel marzo 2009, riscatta il fondo venduto, ovvero paga il prezzo a cui il terreno è stato venduto (€10.000, non un euro di meno) a Caio e ne diventa proprietario. Caio, amareggiato per il riscatto subito, in seguito al quale ha subito notevoli danni economici, fa causa a Tizio ricorrendo alla garanzia per evizione (art. 1483 codice civile) e chiede un cospicuo risarcimento danni. Il giudice gli darà ragione.

Lo scenario B di questo esempio è catastrofico quanto alle conseguenze per Tizio e Caio ma del tutto plausibile (anzi probabile) e deve richiamare l'attenzione del lettore sull'importanza giuridica, pratica ed economica dell'istituto della prelazione agraria, spesso addirittura del tutto ignorato dalle parti che si accingono a compiere (e spesso compiono) operazioni come quella descritta nell'esempio. Con conseguenze nefaste.


Il motivo (o come i giuristi amano definirlo, la ratio) di questa norma che limita così pesantemente la libertà contrattuale del venditore è il voler promuovere la proprietà coltivatrice mediante l'unificazione nella stessa persona della titolarità dell'impresa agricola con la proprietà del terreno su cui l'impresa è esercitata. La politica agraria perseguita dal legislatore del 1965 riteneva, cioè, preferibile e, quindi, degna di essere privilegiata l'azienda agricola che fosse anche proprietaria dei fondi coltivati.

Ipotizziamo, allora, che il fondo sia libero da contratti di affitto, o che sia coltivato direttamente da me proprietario: in questo caso lo posso vendere senza problemi a chiunque?

Anche qui, la risposta è: no, è necessario prima effettuare altre verifiche.

Il diritto di prelazione viene infatti attribuito dalla legge, per i motivi accennati sopra, a una serie piuttosto ampia di soggetti. Così, l'art. 8 comma 1 della L. 590/65 attribuisce tale diritto all'affittuario, al mezzadro, al colono, al compartecipante (purchè coltivino il fondo da almeno 2 anni).

Va bene. Supponiamo allora che il mio fondo non sia coltivato da alcuno di questi soggetti: lo posso vendere in spensieratezza?

La risposta è ancora una volta no: un'altra legge (n.817/71) attribuisce il diritto di prelazione ad altra categoria importante di soggetti: i proprietari coltivatori diretti di fondi confinanti.

Quindi, tornando all'esempio di cui sopra, in realtà neanche nell'ipotesi A) Tizio e Caio potranno dormire sonni tranquilli perchè Mevio, coltivatore diretto confinante con il fondo venduto, può, entro un anno dalla vendita, riscattare il terreno da Caio, con le stesse gravi conseguenze accennate.

Al di là delle apparenze o delle supposizioni, dunque, la compravendita di un fondo agricolo è operazione delicata e complessa che va esaminata con attenzione e che richiede in effetti il rispetto di una procedura che lo stesso legislatore ha voluto imporre (e che spesso nella pratica corrente viene del tutto ignorata).

Tale procedura (prevista dalla stessa L. 590/65) prevede precisi obblighi in capo al venditore: egli deve, tra l'altro, notificare (c.d. denuntiatio) con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di vendita comunicando in maniera completa e precisa le condizioni e i dati della vendita, onde poter consentire al coltivatore, se lo vuole, di esercitare il suo diritto di prelazione, entro 30 giorni.

Nel corso della mia normale attività di consulenza mi è capitato spesso, invece, di riscontrare una sorta di "fai da te" della prelazione attraverso, ad esempio, la predisposizione di lettere di rinuncia che venivano poi fatte firmare da coltivatori e confinanti, senza il preventivo invio della raccomandata. Le persone che mi sottoponevano queste lettere si meravigliavano alquanto quando facevo notare loro che quelle lettere avevano lo stesso valore... della carta straccia. Oppure, ancora, mi è capitato di vedere denuntiatio non ritualmente predisposte e notificate (ad es. inviate per fax, o consegnate a mano, oppure che contenevano soltanto alcuni degli elementi che la legge impone) con la conseguenza che spesso dovevano considerarsi nulle e pertanto esponevano l'acquirente al rischio del riscatto.

Il punto è che, va ribadito, la compravendita di un fondo agricolo non è, come molti pensano, una operazione semplice e senza rischi ma un atto complesso e carico di risvolti legali e pratici, anche a causa di una abbondante stratificazione della giurisprudenza, che nel corso degli anni ha spesso rovesciato completamente orientamento. Ad esempio la Cassazione ha ritenuto per diverso tempo ammissibile una denuntiatio verbale, non scritta. Dal 2005 invece ha capovolto il precedente orientamento ed è tornata a prescrivere il rispetto delle forme indicate dalla L. 590/65.
E' consigliabile in tali situazioni, pertanto, non improvvisare e lasciarsi guidare da un esperto della materia.


RIFERIMENTI E APPROFONDIMENTI ONLINE:

Studio del Consiglio Nazionale del Notariato sulla prelazione

Articoli da riviste agrarie

Sentenza del Tribunale di Mantova del 1/6/2002 sul contenuto della denuntiatio

Sentenza (con nota di commento) Cass. n. 26079/2005, che muta l'orientamento sulla forma scritta della denuntiatio

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